Il 27 maggio 2023 ho avuto il piacere di presentare al pubblico il mio saggio: «Ripulire il partito dai sionisti!». Il volume è stato pubblicato dalla casa editrice “Tralerighe Libri” che svolge un’intensa attività culturale e che si è proposta di premiare le pubblicazioni più interessanti e meritevoli nell’ambito della terza edizione “Premio Tralerighe Storia 2022”.

Sono stati premiati inoltre Pierluigi Bolioli con “L’internamento civile in Italia nelle disposizioni del ministero dell’Interno: il caso degli «anglo-maltesi» (1940-1945)”; Alessandro Brugnatti con “Un’analisi macroeconomica dell’impatto della campagna di Russia del 1941-1943 sull’economia del regno d’Italia; Sergio Di Stefano con “L’attività dell’AMGOT durante lo sbarco e la liberazione della Sicilia (luglio 1943). Dai piani della Civil affair division al governo dei territori occupati.”; Angela Parise con “Berlino e la memoria del muro: rapporto con il passato, ricostruzione dell’Identitá, Erinnerungsorte.”; Anna Lombardi con «Her-story»: la lotta delle Donne curde per l’autodeterminazione; Federico Migliorati con “I rapporti tra l’Italia e la Francia tra il 1943 e il 1945; Sergio Sbalchiero con “Vado con la Britannica! La British Red Cross in Italia nella Grande Guerra”.; Pietro Colli, trascritto da Ornella Colli, con “La mia Campagna di Russia (CSIR e ARMIR) (scritto dal 1941 al 1943)”; Federico Gibellini con “Il negazionismo complottista e l’Olocausto”.

La presentazione ha avuto luogo all’antica armeria di Palazzo Ducale a Lucca e si è basata fondamentalmente sul contenuto dell’elaborato, nelle righe successive proviamo brevemente a riassumerlo.

L’idea di sviluppare questo lavoro nasce tra il 2016 e il 2017. Inizialmente intendevo documentarmi generalmente sulla storia dell’ORMO, un corpo paramilitare di supporto della polizia durante la Repubblica popolare polacca. La suddetta organizzazione aveva avuto un ruolo di primo piano nella repressione delle manifestazioni studentesche nel Marzo del 1968. Così cominciai a cercare monografie e saggi in italiano che trattassero il ’68 polacco e la “campagna antisionista” nel dettaglio, con la speranza di rintracciare adeguati approfondimenti bibliografici.
La ricerca non diede i suoi frutti e così mi proposi di scrivere proprio quel volume che avrei voluto trovare.
La carenza bibliografica in lingua italiana è difatti l’elemento che principalmente mi ha incuriosito e stimolato nel realizzare il saggio.
In apertura del volume si è reso necessario un introduttivo chiarimento lessicale con lo scopo di mettere ordine tra varie sfumature terminologiche: antisemitismo, antisionismo, antigiudaismo, antiebraismo, ecc.
Molti di noi, inoltre, conoscono a fondo le dinamiche relative agli anni Sessanta del Novecento, ma altrettanti ignorano quanto queste esperienze (politiche e sociali) furono diversificate a seconda dei contesti nazionali in cui si realizzarono. Nella specificità della Repubblica popolare di Polonia del 1967/68, per esempio, si assiste ad una sovrapposizione di motivi politici, sociali, generazionali, che la propaganda tenta di domare a proprio vantaggio, incanalando tali rivendicazioni in un contesto geopolitico più ampio.
La cosiddetta “campagna antisionista”, i suoi meccanismi accusatori, gli stereotipi antiebraici e la diffidenza generalizzata, hanno dietro di loro un potente detonatore: la “Guerra dei Sei Giorni”. Israele, nel giugno 1967, espande enormemente il proprio territorio e gli alleati del blocco socialista in Medio Oriente incassano una sonora sconfitta militare.
L’allarmismo nei vertici polacchi è profondo, palpabile…e la situazione interna progressivamente precipita.
I circoli ebraici in Polonia vivono anni difficili, alcuni di essi legati al mondo della cultura e della ricerca vengono messi sotto osservazione.
Si analizzano dunque le correnti politiche protagoniste dell’epoca e le organizzazioni dell’opposizione. Dopodiché l’analisi si focalizza sugli eventi considerati preliminari (la questione degli enciclopedisti, il discorso al “Congresso dei sindacati”) per culminare con i fatti più noti relativi al Marzo 1968.
L’appartenenza identitaria degli ebrei polacchi diviene quindi un costante tema di riflessione. Un tema che diventa preda della strumentalizzazione ideologica, dell’opportunismo diffuso e del carrierismo.

 

Nel testo sono in evidenza i riferimenti a episodi di censura (si pensi alla messa in scena degli Avi di Mickiewicz) e di emarginazione, nonché altre sezioni nelle quali si analizzano i provvedimenti di allontanamento, pensionamento anticipato, espulsione o emigrazione. Tali dinamiche repressive sono indagate nella sfera accademica, politica, militare e sociale del paese.
Tra i numerosi esempi vi sono due “casi limite” in netta contrapposizione: l’IBJ (l’Istituto di Ricerca Nucleare) e quello dell’IFD (Istituto di Fisica Sperimentale) dell’Università di Varsavia. Nel primo istituto i licenziamenti furono numerosissimi mentre nel secondo non ci furono sostanziali conseguenze. Le motivazioni di tale disparità di trattamento sono indagate nel libro.
La parte finale del lavoro intende enfatizzare il significato profondo del processo migratorio. Scavare a fondo in questa esperienza permette, anche in questo caso, di far emergere l’immancabile diversificazione tra le esperienza migratorie. Differenze nei viaggi, nelle mete, nelle scelte di approdo, nell’interpretazione data a posteriori alla scelta di partire.
Si noti inoltre che le ondate migratorie dei cittadini ebrei dalla Polonia avvennero a più riprese e in diverse fasi precedenti.
Quelli che rimasero dopo il ’56 furono con ogni probabilità gli ebrei più assimilati, che consideravano la Polonia come la loro patria o che avevano fiducia nel sistema del socialismo polacco. Questa osservazione in un certo senso era già stata evidenziata da un articolo del 16 agosto 1968 del «New York Times» firmato da Jonathan Randal: «The majority of the Jewish community who had survived the Second World War left Poland after the thaw of 1956. Those who remained – and are leaving right now – are assimilated Jews who used to consider themselves Poles».
Peraltro il titolo dell’articolo parla di emigrazione sulla «scia delle purghe ai sionisti».
Di seguito la quarta di copertina:
Gli eventi politici del biennio 1967-68 della Repubblica Popolare Polacca, sono anche noti con il nome ufficiale di “campagna antisionista”.
Furono anni convulsi e decisivi per l’intera Europa: crisi in Medio Oriente (Guerra dei Sei Giorni), tensioni internazionali, rivolte studentesche e generazionali che segnarono un’epoca.
Sull’onda di questo riscatto sociale i fatti polacchi rimangono tra i meno conosciuti.
Eppure lasciano in eredità molte domande.
Esiste un filo che ha legato le politiche di guerra in Medio Oriente con le reazioni interne polacche?
Vi furono stereotipi o pregiudizi antiebraici che sdoganarono la campagna?
Fu solo antisionismo o si trattò di antisemitismo?
Cosa è rimasto di quegli eventi?
Questo saggio, condotto attraverso una diversa varietà di fonti, tenta di rispondere ai numerosi interrogativi esaminando la realtà politica del socialismo polacco di quegli anni.

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